Matematica e Lingue Straniere: un’incompetenza tutta Italiana

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Lavoce.info riporta dei dati impietosi per il nostro Paese: per quanto riguarda la Matematica e le Lingue Straniere gli Italiani sono mediamente molto indietro rispetto ad altri Paesi

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Oggi l’Ocse e la Commissione Europea hanno reso pubblici i risultati della prima indagine Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competencies). Si tratta di uno studio finalizzato a misurare competenze linguistiche e matematiche della popolazione adulta in modo comparabile tra paesi. (1)

IL CAMPIONE E I TEST

Campioni rappresentativi della popolazione di età compresa tra i 16 e i 65 anni sono stati selezionati in 24 paesi (22 membri dell’Ocse) e alle persone campionate è stato sottoposto un questionario per rilevare alcune informazioni di base (sesso, composizione famigliare, condizione occupazionale, etc.) ed è stato chiesto loro di partecipare a un test delle competenze linguistiche e matematiche. Si tratta di test che rilevano, per esempio, la capacità di comprensione di testi scritti oppure di svolgere operazioni matematiche di varia complessità. Le domande dei test sono le stesse in tutti i paesi, semplicemente tradotte nella lingua locale, garantendo così, grazie anche all’armonizzazione delle tecniche di campionamento, la comparabilità dei risultati.

GLI ITALIANI: UN VERO DISASTRO

I risultati dell’Italia in questo particolare confronto internazionale sono pessimi, forse oltre le aspettative. Siamo i peggiori in termini di competenze linguistiche (Figura 1) e penultimi per un soffio in matematica (Figura 2). Questa deludente performance riguarda sia le nostre coorti più anziane, che fanno particolarmente male, ma anche -ed è forse il dato più preoccupante- i giovani, che quando confrontati con i loro coetanei negli altri paesi si piazzano anch’essi nella parte più bassa, bassissima della classifica (Figura 3).
Si tratta certamente di un problema di formazione scolastica. Gli adulti italiani che non hanno ottenuto un diploma di scuola superiore hanno competenze linguistiche e matematiche molto scarse. Questo accade però anche in paesi come la Francia o gli Stati Uniti, che però compensano con performance eccellenti dei laureati. Da noi non è così. I nostri laureati hanno in media competenze linguistiche comparabili a quelle dei diplomati finlandesi o giapponesi o australiani o olandesi (Figura 4).
Tuttavia, la scuola non è la sola responsabile di questi risultati così scadenti. Infatti, l’indagine Piaac suggerisce che una parte molto importante delle competenze si acquisiscono al di fuori del sistema di istruzione formale, principalmente sul posto di lavoro. Allora, le cause della debacle italiana sono da ricercare anche nello scarso livello di formazione offerta dalle imprese e, forse ancor di più, al fatto che la nostra struttura industriale è concentrata in settori a scarso tasso di innovazione e che non favoriscono lo sviluppo delle competenze. E molto probabilmente i dati Piaac, focalizzandosi sulle nozioni fondamentali di lettura, scrittura e calcolo, sottostimano l’importanza della formazione non scolastica, che in larga parte coinvolge competenze molto più pratiche.

Figura 1: distribuzione dei risultati sulle competenze linguistiche

2.4

Fonte: Piaac 2013 – Ocse

Figura 2: distribuzione dei risultati sulle competenze matematiche

2.8

Fonte: Piaac 2013 – Ocse

Figura 3: distribuzione dei risultati sulle competenze linguistiche, divisi per età

3.2

Fonte: Piaac 2013 – Ocse

Figura 4: distribuzione dei risultati sulle competenze linguistiche, divisi per formazione

3.9

Fonte: Piaac 2013 – Ocse

SPRECO DI CAPACITÀ PRODUTTIVE

L’indagine Piaac permette anche di studiare nel dettaglio la relazione tra competenze e mercato del lavoro e mostra come, in Italia ma anche in molti altri paesi, la competenze linguistica e matematica degli occupati non sia poi così dissimile da quelle dei disoccupati o degli inattivi (Figura 5). Da un lato questo risultato lascia intuire l’enorme potenziale di crescita del nostro paese, dove percentuali elevatissime di persone non sono occupate (il 43,2 per cento). E tuttavia, un tale spreco di capacità produttive segnala anche gravi inefficienze nel funzionamento del mercato del lavoro, che non è in grado di offrire un impiego adeguato alle persone più competenti.
In realtà l’inefficienza del mercato del lavoro si nota non solo nel confronto tra occupati e non occupati ma anche dalla misure del cosiddetto mismatch, ovvero dalla percentuale di lavoratori occupati che non utilizzano al meglio le proprie competenze. L’indagine Piaac segna un grande passo anche nella qualità delle misure di mismatch che siamo in grado di calcolare perché consente di avere per ogni lavoratore intervistato sia i test delle competenze linguistiche e matematiche sia informazioni riguardo alle attività che egli svolge quotidianamente sul posto di lavoro. Nell’indagine si chiede, per esempio, se e quanto spesso l’intervistato utilizza il computer o legge testi scritti o svolge calcoli matematici e così via. L’Italia è uno dei paesi con la percentuale più elevata di lavoratori under-skilled (più di noi solo Cipro e la Gran Bretagna), ovvero lavoratori che non possiedono le competenze sufficienti per svolgere il proprio lavoro in modo adeguato, e con una percentuale di lavoratori over-skilled, ovvero con competenze più elevate rispetto a quanto necessario per svolgere il proprio lavoro, superiore alla media (Figura 6).

Figura 5: risultati sui test letterari su occupati, disoccupati e inattivi

6.2

Fonte: Piaac 2013 – Ocse

Figura 6: percentuale di lavoratori under-skilled e over-skilled

4.25

Fonte: Piaac 2013 – Ocse

COSE DA FARE. ALCUNE A COSTO ZERO

Di fronte a risultati così deludenti è necessario intervenire e per decidere come farlo è fondamentale interpretare correttamente queste analisi. Questi dati ci dicono che per fermare il declino italiano e rilanciarne la crescita e l’occupazione la prima e più importante cosa da fare è investire sulla capacità delle persone di fare le cose, di scrivere e di far di conto in primis. Purtroppo per questo non basta incentivare le imprese ad assumere, non basta nemmeno ridurre il carico fiscale. È necessario piuttosto migliorare il sistema scolastico, dalle scuole primarie alle università, creare le opportunità per investire in settori ad alta innovazione, affinché le imprese diventino anch’esse luoghi di formazione di capitale umano. E tanti provvedimenti che andrebbero in questa direzione si potrebbero attuare subito e a costo zero, inutile nascondersi dietro alla scusa della mancanza di risorse. Liberalizziamo i mercati dei prodotti e dei servizi perché, è proprio nei settori protetti dalla concorrenza, che si avverte di  meno la necessità di investire in innovazione e competenze. Introduciamo sistemi equi ma efficaci di valutazione nelle scuole e nelle università e forse riusciremo a tenerci qualche cervello in più e magari anche ad attrarne qualcuno dall’estero. E forse, dopo aver fatto qualche riforma di questa natura che segnali un vero cambio di direzione della politica economica italiana, qualcuno potrebbe anche decidere di investire sull’Italia facilitandoci nella realizzazione delle riforme che costano. Magari anche l’Europa.

(1) L’indagine rileva anche un terzo ambito di competenze, quello della logica o della risoluzione di problemi (problem solving). Tuttavia, l’Italia insieme a pochi altri paesi ha deciso di non partecipare a questo test, che si svolge quasi esclusivamente al calcolatore.

 

Articolo tratto da “lavoce.info”

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