Telecom: Bernabè se ne va

IV National Conference On  Italy - Latin America And The Caribbean

Franco Bernabé si è dimesso da Telecom, l’ex Presidente esecutivo se ne va dopo il riassetto di Telco, vediamo l’articolo da Milano Finanza

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Franco Bernabè ha rassegnato le dimissioni. Il consiglio di amministrazione del colosso tlc si è aperto con il primo punto all’ordine del giorno: le comunicazioni del presidente esecutivo che ha annunciato le sue dimissioni in contrasto con i soci dopo il riassetto di Telco e il passaggio del controllo della holding agli spagnoli di Telefonica.

Immediata la reazione del titolo Telecom Italia a Piazza Affari: ha virato al rialzo e ora sale dell’1,1% a quota 0,6405 euro. Non c’è certezza su chi sostituirà Bernabè. Al suo posto potrebbe arrivare Aldo Minucci ad interim, mentre sarebbe in corso una trattativa con Massimo Sarmi, attuale ad di Poste italiane, sulle deleghe operative attualmente affidate a Bernabè.

I lavori del consiglio d’amministrazione di Telecom, dopo le dimissioni di Bernabè, proseguono proprio con la conduzione di Minucci, vice presidente della società, che insieme all’ad, Marco Patuano, dovrà fare il punto sull’attività degli ultimi mesi, sulle prospettive e sulle strategie da mettere in campo per ridurre il maxidebito del gruppo in un momento in cui il riassetto azionario, il dibattito politico sulla rete e la possibile vendita di Tim Brasil hanno distratto l’attenzione del mercato.

Anche per questo è possibile che oggi in cda vengano presentati progetti interlocutori (societarizzazione di alcune divisioni) ma che non sia affrontata da subito la soluzione al tema indebitamento, magari con un aumento di capitale non significativo o appunto la cessione di Tim Brasil che per gli analisti di Equita potrebbe incrementare la valutazione di Telecom Italia a circa 0,8 euro per azione. Molto di più, secondo Deutsche Bank (buy e target price a 0,9 euro confermati): a 1,1 euro per azione se Tim Brasil verrà venduta a 9 miliardi di euro (7,1 volte l’ebitda 2013), un miliardo in meno di quanto Bernabè ha auspicato.

A seguito della cessione, il rapporto enterprise value/ebitda di TI rimarrebbe a 4,2 volte sulla base dei prezzi correnti e a 4,9 se il titolo salisse del 50%. Questo lascerebbe ancora uno sconto del 10% rispetto al settore europeo. L’impatto sull’utile per azione sarebbe solo marginale (intorno all’1% sulla base delle stime del consenso) perché il 34% dell’utile di Tim Brasil attualmente va agli azionisti di minoranza e la parte rimanente per TI sarebbe ampiamente compensata dagli oneri finanziari risparmiati dal gruppo grazie allo scudo fiscale.

Mentre il rapporto prezzo/utile 2014 rimarrebbe fermo a 6,3 volte e sarebbe pari a 9,5 dopo un 50% di re-rating, che lascerebbe ancora uno sconto del 18% rispetto al settore. Quanto al rapporto debito/ebitda scenderebbe sotto le 2 volte, allontanando un possibile downgrade a junk da parte delle agenzie di rating.

E’ comunque la tempistica la vera questione chiave. Dopo la fusione tra Portugal Telecom e Oi, annunciata ieri, è infatti possibile che il nuovo gruppo possa essere interessato a Tim Brasil o ad alcuni asset della società brasiliana in caso di uno spezzatino. La cessione non è dietro l’angolo e quindi nel frattempo TI potrebbe optare per un aumento di capitale di dimensioni modeste (1,5 miliardi di euro?) e un taglio del dividendo per evitare un declassamento del rating a meno che la Cassa depositi e prestiti non entri in partita.

“Un’iniezione di liquidità pari a 2-3 miliardi da parte della Cdp potrebbe rendere inutile la cessione di Tim Brasil. D’altra parte, se Tim Brasil venisse venduta, TI potrebbe finanziare gli investimenti nella fibra senza la Cdp. In questo modo le due operazioni si rivelano in qualche modo concorrenti”, hanno concluso gli esperti di Deutsche Bank.

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