Mentre la Grecia impone il controllo dei capitali e manda le banche in ferie fino al referendum, pare che soltanto la BCE di Mario Draghi possa evitare il disastro (almeno per questa settimana)
Ricapitoliamo velocemente ciò che è successo nelle ultime ore:
1) I creditori della Grecia (o, se preferite, il Fondo Monetario Internazionale) hanno rifiutato il piano “tutto tasse” proposto da Atene per risanare i bilanci dello Stato a partire dal 2016. Come noto, l’FMI vuole tagli alla spesa pubblica, ma Tsipras & co. non ci stanno
2) In un discorso a reti unificate in Grecia, il premier Tsipras ha annunciato al paese un referendum per approvare o rigettare le proposte dei creditori (come mai nessuno nomina mai direttamente l’FMI ? Sembra quasi una parola tabù), il voto si terrà il 5 luglio, ovvero dopo la scadenza del piano di aiuti europeo per Atene (30 giugno)
3) L’Eurogruppo ha bocciato l’idea del referendum (cosa che ovviamente non implica che il referendum non si farà), e a questo punto si va verso la sospensione degli aiuti ad Atene.
Consentiteci ora qualche riflessione per arrivare al ruolo-chiave di Draghi.
Chi ci segue da tempo sa benissimo che siamo quasi sempre in disaccordo con quanto predicato dalla Troika, che riteniamo che Bruxelles non abbia mai realmente salvato la Grecia e che, forse, Atene farebbe bene a fallire e lasciare l’Euro, nonostante le drammatiche conseguenze di breve periodo per i cittadini greci.
Detto questo, Tsipras non vuole palesemente trovare un accordo con l’Europa, ed è giunta l’ora di dirlo. Nei prossimi giorni qualcuno tenterà di vendervi la storiella del referendum come una grande mossa democratica, in opposizione ai cattivi tiranni europei. Queste saranno balle raccontate soprattutto da chi non sa o non vuole fare sforzi per capire come funziona la politica. Tsipras avrebbe potuto convocare il referendum prima della data di scadenza degli aiuti ad Atene (30 giugno), come mai non lo ha fatto ? In fondo, le richieste dei creditori non sono mai cambiate nel corso degli ultimi mesi, dunque si sarebbe potuto convocare un referendum per gennaio-febbraio-marzo-aprile-maggio o addirittura giugno, e invece non è stato così. Il governo Tsipras sta facendo quello che ha sempre voluto fare, sin dall’inizio della campagna elettorale: portare la Grecia al default con una possibile uscita dall’Euro.
Il fatto che il Ministro dell’Economia Varoufakis, personaggio certamente particolare ma molto più competente nel suo campo rispetto a tanti colleghi europei, sia stato praticamente cacciato dalle trattative con Bruxelles per “presunta incompetenza”, ci fa capire come Atene, in fondo, non sia affatto interessata ad avere un nuovo piano di aiuti dall’Europa.
D’altronde, lo stesso Varoufakis dice da mesi che la Grecia non ha bisogno di indebitarsi ulteriormente per risolvere il problema del debito. Giudicate voi se questo è un economista competente oppure no (alla Fassina, diciamo):
In tutto questo, ora la palla passa a Draghi. Per mesi la BCE ha fornito liquidità di emergenza (la cosiddetta “ELA”) ad Atene, compensando i pesantissimi prelievi di denaro dalle banche greche:
(True Economics)
Ricordiamo bene che, quando ci fu la crisi bancaria di Cipro, la BCE minacciò di sospendere l’ELA in caso di mancato accordo su diverse misure di austerità. L’accordo ci fu, e l’ELA non venne mai sospeso. Ieri Francoforte ha confermato la liquidità di emergenza di assistenza, senza però incrementarne il livello (per la prima volta da tante settimane).
Ora, a rigor di logica, dovremmo aspettarci una sospensione dell’ELA da mercoledì, con un default entro la fine della settimana. Draghi avrà il coraggio di far fallire la Grecia ? Intendiamoci, un default greco non sarà certo colpa sua (le responsabilità di quel fenomeno di Trichet sono ben maggiori), ma nella pratica è proprio lui che dovrà mettere la parola “fine” alla vicenda.
A meno che…
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