Il Referendum Greco Non È Servito A Nulla

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Che entro la fine della settimana si trovi una soluzione alla crisi greca o meno, è interessante notare come il referendum non sia servito assolutamente a nulla: il governo Tsipras ha proposto oggi all’Europa un piano simile a quello rifiutato dai greci

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(ripubblicazione articolo del 10 luglio 2015)

Per chi preferisse leggerselo da solo, il piano di Tsipras è stato pubblicato da Il Sole 24 Ore a questo link.

In ogni caso, cerchiamo di evidenziarne i nodi principali:

1) Il mistero del taglio del debito: se leggiamo la lettera spedita da Tsipras a Bruxelles, non vediamo da nessuna parte un accenno ad una ristrutturazione del debito pubblico greco. Giudichiamo questo passaggio francamente poco realistico, è palese che Atene avrà bisogno di un taglio dei propri debiti, ma sappiamo che, per ora, Angela Merkel ha detto “nein” a questa ipotesi (mentre l’FMI e Obama stanno esercitando pressioni politiche non trascurabili per procedere ad un haircut del debito pubblico). Leggiamo però su altri portali che la stessa proposta di salvataggio della Grecia sottoposta al Parlamento di Atene conterrebbe un esplicito riferimento alla “negoziazione del debito dopo il 2022″. Giusto per informazione, dal 2022 in poi la Grecia dovrà (dovrebbe ?) cominciare a ripagare i propri debiti al fondo salva-Stati. Se davvero questa dovesse essere l’intenzione di Atene, allora è molto probabile che il piano di Tsipras venga rifiutato.

2) Lo strano aumento dell’IVA: Atene insiste sull’aumento dell’IVA (ipotesi verso la quale l’FMI non sembra essere pienamente d’accordo, almeno non nella formulazione proposta dalla Grecia). La novità è che le isole maggiori greche registreranno un minore aumento dell’IVA per favorire il turismo (mentre l’FMI chiede l’eliminazione ti tali agevolazioni). Non siamo esperti della Costituzione greca, ma immaginiamo che, in uno Stato non federale, vi possano essere problemi di incostituzionalità in caso di diversa tassazione regionale su una tassa fissata a livello statale, ma la costituzionalità qui è un problema quasi secondario: la necessità ora è quella di ottenere l’approvazione da parte dei creditori per riaprire le banche, ottenere nuovi fondi dalla BCE e bloccare il limite di prelievo dei contanti.

3) Le clausole “all’italiana”: sapete tutti che, se l’Italia non dovesse riuscire a rispettare la regola del deficit al 3% del PIL, scatterà la clausoletta automatica dell’incremento dell’IVA. Allo stesso modo, il piano del governo Tsipras fissa una serie di target di politica fiscale da raggiungere con eventuali clausole riguardanti diversi aumenti della pressione fiscale in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di Atene.

4) Un occhiolino all’FMI: probabilmente la riforma delle pensioni proposta da Tsipras & Co. può essere irrigidita, ma quel taglio dell’1% del PIL della spesa per le pensioni è esattamente quanto richiesto dal capo economista dell’FMI Olivier Blanchard.

5) I soldi chiesti da Atene: la Grecia chiede in pratica 53,5 miliardi di euro dal fondo salva-Stati.

La nostra opinione è che il piano greco sia ancora piuttosto distante dalle richieste dell’FMI e, soprattutto, della Germania. Tuttavia, per la prima volta Atene propone qualcosa su cui si può effetivamente trattare. L’assenza di Varoufakis dal tavolo della trattativa può giovare al raggiungimento di un accordo.
In tutto questo, abbiamo solo una domanda da fare a Tsipras: che senso ha avuto scatenare il panico dei mercati con un referendum che poi è stato ignorato dal governo greco ?

 

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