La Corte dei Conti bacchetta Mario Monti e il suo redditometro

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Finalmente qualcuno ha detto quello che bisognava dire già mesi fa sul redditometro: non combatte l’evasione e ha addirittura effetti recessivi

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Nel suo “Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica”, la Corte dei Conti ha inserito un piccolo paragrafetto in cui semplicemente distrugge tutto il lavoro del Governo Monti in materia di lotta all’evasione fiscale.

Ecco il passaggio a cui faccio riferimento (tratto da Milano Finanza):

“Il contrasto all’evasione continua a essere un elemento centrale e imprescindibile nell’azione di risanamento della finanza pubblica, sia per i suoi effetti diretti sull’entità delle entrate sia per la redistribuzione del prelievo fiscale”, premette la Corte, che rileva al contempo come “la strategia adottata dal legislatore nel corso della passata legislatura sia stata caratterizzata da andamenti ondivaghi e contraddittori“. Per l’organo di controllo presieduto da Luigi Giampaolino negli ultimi tempi si sono adottate scelte “che si sono tuttavia rivelate poco efficaci e foriere di ricadute negative”.

Certo, nell’ultima legislatura abbiamo avuto due Governi, il Governo Berlusconi ed il Governo Monti, entrambi ampiamente criticabili in materia di lotta all’evasione, ma c’è un ulteriore passaggio in cui la Corte dei Conti parla del redditometro:

Crtiche arrivano infine anche allo spesometro, ossia la rilevazione sistematica delle operazioni verso i consumatori finali di importo pari o superiore a 3.600 euro, e che comporta, dice la Corte, il rischio di indurre “effetti negativi sui consumi o, peggio, incrementare la propensione a effettuare acquisti di beni e servizi ‘in nero“.

Pensateci, combattere la lotta all’evasione facendo crescere quest’ultima è una cosa ben difficile da fare, ma a quanto pare è possibile anche se si è considerati grandi accademici con lauree, dottorati e master.

 

 

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