Paul Krugman: un grafico per capire il vero problema dell’Euro

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Dal suo blog sul sito del New York Times, il premio Nobel per l’Economia Paul Krugman ci dimostra il più grande fallimento del sistema della moneta unica, un’immagine che andrebbe mostrata in tutte le Università

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Partiamo subito da una domanda semplice semplice: come mai gli interessi che paghiamo sul nostro debito pubblico sono scesi nonostante il nostro debito sia aumentato ?

Il premio Nobel Paul Krugman ha una sua teoria, molto ben comprensibile, che spiega perchè tutto questo, senza Euro, non sarebbe probabilmente mai successo.
Immaginate di mettere su uno stesso grafico il rapporto debito pubblico/PIL e i tassi di rendimento dei titoli di Stato con scadenza a 10 anni per diversi Paesi Europei.
Che cos’è cambiato dalla fine del 2011 (nei giorni delle dimissioni del Governo Berlusconi durante la “crisi dello spread”) a Settembre 2013 ?

Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna, il rapporto debito/PIL dei PIIGS è cresciuto ma i tassi di interesse sul loro debito è sceso.
Questo perchè pare che ora i conti dei PIIGS siano meno disastrati del passato, ma non è così.
Quando Mr Monti è arrivato in Italia (il “salvatore della patria”) il suo compito era ben preciso: tagliare di qua, tagliare di là, abbattere il debito pubblico, il risultato lo conosciamo bene:

Il rapporto debito/PIL è cresciuto ovunque nonostante l’austerity.
Questo perchè, che i professori al Governo ne fossero consapevoli o meno, il PIL è crollato e il debito pubblico è cresciuto (sia in termini reali, sia in termini nominali)

Krugman sintetizza il suo pensiero così:

“Quello che vedete nel grafico è che i costi dell’indebitamento per i Paesi più disastrati dell’Eurozona sono scesi di molto. Ma questo non è successo grazie alle politiche di austerity che avrebbero dovuto portare il problema del debito sotto controllo – il rapporto debito/PIL è in continua crescita, in gran parte questo è dovuto alla contrazione delle economie e alla deflazione. Invece, c’è stato un drammatico appiattimento della relazione tra debito e tassi di interesse“.

Certo non può sfuggire l’apporto della BCE al ribasso dei tassi di interesse:

“Perchè questo è successo ? La tempistica suggerisce che la causa sia stata soprattutto l’effetto Draghi – ovvero il segnale che la BCE potrà comportarsi da prestatore di ultima istanza ha rimosso molta paura dal meccanismo del panico della crisi di liquidità. È possibile che ci sia stata anche una qualche riduzione nel premio per il rischio politico, perchè i Paesi europei stanno dimostrando di essere incredibilmente determinati a rimanere nell’Euro ad ogni costo”.

La strategia a questo punto – spiega il premio Nobel – è quella di proseguire lungo la strada della svalutazione del mercato del lavoro, fino al punto teorico in cui i salari saranno crollati così tanto da portare ad una ripresa economica guidata dall’export (cosa che, in parte, sta già avvenendo in Italia).
Ci chiediamo però una cosa, quando arriverà il momento in cui la vera ripresa sarà guidata dal boom degli export, il nostro “stato sociale” sarà paragonabile a quello di economie simili come quella Cinese ? E se così sarà, che cosa avverrà quando i salari ricominceranno a salire e ci ritroveremo nella stessa identica situazione del 2011 ? Torneremo a svalutare il mercato del lavoro ?
Quanti sforzi per mantenere una moneta troppo forte saranno ancora richiesti all’Italia e agli altri PIIGS ? Quando si capirà che questa cura traumatica rischia di declassare perennemente il nostro Paese rispetto alle altre economie capaci di svalutare la propria moneta ?
Il costo sociale finale della crisi (che, comunque, non è ancora finita) sarà altissimo, probabilmente incalcolabile.

 

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