La nuova Italia: i disoccupati e l’arte dell’arrangiarsi

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Le autorità locali sembrano tollerare il tutto, la verità è che l’Italia somiglia sempre di più alla Grecia

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Prendete una fabbrica produttrice di componenti per varie case automobilistiche e immaginate di chiuderla senza troppo preavviso. Cosa dovrebbero fare i lavoratori ? Quanti di noi avrebbero il coraggio di andare a dire ai licenziati di avere fiducia nello Stato e nella ripresa economica ?
Fatevi avanti voi, perchè io non ci penserei nemmeno.

Gli ex-lavoratori hanno occupato così la loro ex-fabbrica, ma non per protestare o per distruggere tutto e richiamare l’attenzione dei media. No, queste persone hanno costruito un piccolo business di riciclo, qualcosa che li aiuti a mantenere la propria dignità.

Il tutto è naturalmente illegale, ma come dicevo all’inizio: chi di voi avrebbe il coraggio di andare da queste persone e intimarle di uscire ?
Gigi Malabarba, uno dei tanti ad essersi uniti al nuovo progetto, ha dichiarato con amara ironia: “La società ci considera rifiuti ? Bene, allora ci ricicliamo anche noi”.

Non so sinceramente quanto questa situazione possa andare avanti, il sito occupato dai lavoratori appartiene ad una società legata ad Unicredit, che ha, legalmente, tutto il diritto di vedere la sua proprietà liberata da chi l’ha occupata. Tutto questo ha avuto inizio nel 2012, e ora la Ri-Maflow è diventata una cooperativa sociale vera e propria, che raggruppa varie decine di lavoratori, e punta a raggrupparne circa 300 nei prossimi 2 anni. Sì, “punta”, perchè la verità è che qui lavora gente competente con buone idee di business, ed è per questo che auguriamo alla Ri-Maflow tutta la fortuna possibile, quello che stanno facendo è, in una piccola dimensione, un atto rivoluzionario, di cui ognuno dei partecipanti deve andare fiero.

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